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E' festa per tutti, anche il 2 novembre

1 novembre. È festa comune, nessuno escluso pur se si chiamano Benito, Palmiro, Giuseppe, Eva, Lucifero o “portano” il nome della suocera, del contendente o di chi so io. Un nome – qualunque esso sia - è festa per ognuno e per tutti. Festeggiamoci a vicenda. Una stretta di mano, un abbraccio, un franco, aperto sorriso. Senza rancore.

“Ma secco è il pruno, e le stecchite piante | di nere trame segnano il sereno, | e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante | sembra il terreno. | Silenzio, intorno: solo, alle ventate, | odi lontano, da giardini ed orti, | di foglie un cader fragile”. (G. Pascoli)

E domani sarà subito “l'estate fredda, dei morti”, che ci fa constatare una “situazione di assenza” (Nava), cioè sistema di segni che rimandano costantemente al ricordo di chi non c'è più. E, pur se San Martino è vicino, l'esito è ancora e sempre quello dello smarrimento e dell'angoscia: pruno secco, piante stecchite, cielo vuoto, terreno cavo. Bando alle paturnie. Anche il 2 novembre è festa… quella dei Morti. Se scoprissimo tradizioni, usi e costumi di questa giornata particolare in Italia e nel resto del mondo, ritroveremmo la nostra essenza, la festa che richiama chi non è più tra noi.

La nostra tradizionale (che nostalgia!) “àneme di muérte” nulla ha da invidiare all’Halloween importato dagli Usa. Oh se la riscoprissimo nella sua ingenuità che ricostruisce la famiglia “ò ditte mammè…”, il bicchiere di acqua fresca lasciata ed il tozzo di pane buono, in cucina, il focolare acceso, la stanza illuminata nella notte, per accogliere, rifocillare i morti che vengono a farci visita per far festa con noi. Ero in Messico, alcun anni fa, nel día de Muertos (diventato patrimonio dell'umanità nel 2003). Nelle abitazioni (tutte) si prepara l'altare dei morti suggestivo e colorato, arricchito con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso. I festeggiamenti durano molti giorni e si rifanno alle tradizioni precolombiane, con musica, bevande e cibi tradizionali dai colori vivi. Per le strade si possono ammirare rappresentazioni caricaturali della morte. Riprendiamo i nostri riti, siamone orgogliosi e chi sa che non ci capiti di vederli – anche i nostri - “patrimonio dell’umanità”. Riscopriamo la nostra comune (dei vivi e dei morti) Umanità.

“E, al cimitero, | chi entra non faccia rumore | Pregi, che Dio l’ascolti, | per tanti cuori sepolti, | per chi è ora seminato. | In questo lembo di prato | tutti abbiamo da ricordare | qualcun che non può tornare”. (R.Pezzani)

“La morte – ammonisce Charles Peguy - non è niente, | io sono solo andato nella stanza accanto. | Io sono io. Voi siete voi. | Ciò che ero per voi lo sono sempre. | Datemi il nome che mi avete sempre dato. | Parlatemi come mi avete sempre parlato. | Non usate mai un tono diverso. | Non abbiate un’aria solenne o triste. | Continuate a ridere di ciò che ci faceva | ridere insieme. | Sorridete, pensate a me, pregate per me. | Che il mio nome sia pronunciato in casa | come lo è sempre stato. | Senza alcuna enfasi, senza alcuna ombra
di tristezza. | La vita ha il significato di sempre. | Il filo non è spezzato… | Io non sono lontano, sono solo dall’altro lato | del cammino”
.

Ed ascoltiamo il segreto della morte. Mamma ci parla: “Se un giorno non mi vedessi più varcare la soglia della porta come sono solita fare, | alza gli occhi al cielo turchese di un nuovo giorno | e cercami fra le stelle che accendono la luce della volta celeste… Cercami negli occhi di chi ami. | Cercami nel silenzio del tuo Cuore”. (Stephanie Sorrel)

Nicola Simonetti

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31 ottobre 2017

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